La Patronessa, Dottoressa Elisabetta Benedetti, ci invia la cronaca delle celebrazioni del Giorno del Ricordo tenutesi a Trieste presso la Foiba di Basovizza. Volentieri pubblichiamo:
"Si è celebrata il giorno 10 febbraio 2012 in tutta la penisola la Giornata del Ricordo per onorare le vittime di fine secondo conflitto mondiale che hanno trovato la morte nelle tristemente note Foibe, inghiottitoi o cave nel terreno utilizzate per occultare cadaveri o scaraventarvi persone ancora vive condannandole a fine certa.
La cerimonia di Trieste, tenutasi come da tradizione presso il monumento di Basovizza, ha visto, nonostante le condizioni climatiche avverse, una nutrita presenza di autorità civili, militari e dell'associazionismo combattentistico e d'arma.
Il sito triestino, ex-pozzo di una miniera di carbone, dichiarato nel 1992 dall'allora Presidente Oscar Luigi Scalfaro monumento nazionale, è semplice ma significativo: una lastra grigia e una croce a ricordare le vittime gettate in un vuoto lungo 200 metri; vittime che, secondo calcoli approssimativi basati su mere valutazioni tecniche, potrebbero raggiungere l’impressionante numero di circa 2.000.
Erano presenti alla cerimonia, per le autorità civili, il Commissario del Governo e Prefetto di Trieste ( Socio “AD HONOREM “ della Sezione ANAC di Trieste ) Dott. Alessandro Giacchetti, il Presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat, il Sindaco di Trieste Roberto Cosolini, l' ex sindaco Roberto Di Piazza e diversi consiglieri comunali. Presenti anche le associazioni della Venezia Giulia, dell’Istria, della Dalmazia e spiccavano, fra gli altri, gli stendardi dei vecchi comuni di Pola, Umago, Lussinpiccolo e Cittanova d'Istria.
Numerosa anche la presenza di Autorità Militari a rappresentare le varie Forze Armate presenti nella Regione Friuli – Venezia Giulia .
La cerimonia si è aperta con la toccante benedizione del Vescovo di Trieste, Monsignor Giampaolo Crepaldi.
Il Vescovo ha dato anche lettura di una porzione della “Preghiera degli infoibati” scritta dal suo illustre predecessore, figura carismatica e profondamente umana, Monsignor Antonio Santin (Rovigno, 1895 – Trieste, 1981), opera che esorta a trasformare il dolore e la morte in queste terre martoriate in un insegnamento di vita e a ridare identità a quei morti sconosciuti anche attraverso l'intercessione di Dio.
Un passo della stessa preghiera è inciso sullo zoccolo frontale a base del Monumento.
Il Sindaco di Trieste Roberto Cosolini, prendendo la parola, ha messo in luce come siano trascorsi quasi 8 anni dall'approvazione unanime al Parlamento Italiano dell'istituzione del Giorno del Ricordo (legge 30 marzo 2004, n. 92 promossa in primis dal deputato triestino On. Roberto Menia, ndr) e come la storia del confine orientale, specialmente nelle sue manifestazioni più drammatiche delle foibe e dell'esodo, sia ormai parte indiscussa della storia dell'intera nazione italiana.
Il politico locale ha riflettuto su come le tragedie del ‘900 giuliano siano state il prodotto di ideologie repressive e totalitarie, di un nazionalismo malato costruito su modelli monolitici e di come oggi che Trieste ha alfine riacquistato la sua centralità nella regione adriatica europea sia proprio attraverso il pieno riconoscimento della memoria che si possa ottenere una consapevolezza storica più matura e si riaffermi l'orgogliosa appartenenza all'Europa contemporanea.
L'Avv. Sardos Albertini, Presidente del Comitato Martiri delle Foibe e della Lega Nazionale, storica associazione che vive e lavora per la difesa dell'italianità di Trieste e di tutta la Venezia Giulia, iniziando il suo intervento ha ringraziato le autorità presenti, in particolar modo l'Associazione Nazionale Alpini e ha posto l’accento sulla significativa presenza del Presidente del Senato per commemorare e onorare tutti gli infoibati, non solo quelli di Basovizza.
L'Avvocato ha ricordato, infatti, come la tragedia delle Foibe non sia di portata strettamente locale ma coinvolga l'Italia intera e che manifestazioni come questa, che si riflette in eventi analoghi concomitanti sull'intero territorio nazionale, abbiano l'effetto importantissimo di squarciare la cappa d'oblio e siano dirette specialmente ai giovani, ai quali spesso l'insegnamento di questi eventi viene negato.
Successivamente, si è aperta una pagina della cerimonia dedicata alla lettura di opere poetiche che hanno trovato la loro ispirazione proprio nella tragedia delle foibe.
Ed ecco che parla dell’urlo della bora, vento che soffia ma non è alieno a queste terre, e di caverne che ospitano i martiri l'opera "Foibe" di don Pietro Zovatto, triestino d'adozione sin dalla giovinezza, professore all'Università degli Studi di Trieste noto per la sua produzione scientifica di natura storico-religiosa, tra i fondatori, nel 1970, del “Centro Studi Storico-Religiosi del Friuli Venezia Giulia" e, dagli anni ’90, poeta-sacerdote la cui vena poetica è stata definita anni addietro “una lotta con l’angelo”
La seconda poesia proposta, intitolata "Basovizza" di Marco Martinolli, giovane monfalconese difensore della memoria scomparso prematuramente, coniuga immagini di costrizione che sfociano in un anelito di libertà quando narra di mani e passi legati, di occhi chiusi a forza, di voci spente ma anche di anime indomabili nella loro corsa che le conduce a fuggire da sottoterra e a raggiungere il cielo.
Chiude la parentesi poetica l'opera "C'è un tempo" di Annamaria Muiesan Gaspàri, testimone a 13 anni della scomparsa del padre, infoibato, e segnata nell’anima dall'esodo forzato dalla sua città, Pirano. L'autrice illustra il contrasto tra buio e luce, tra foibe e vita, perchè c'è un tempo per vivere e ridere, con la propria casa "a due passi" e visioni rassicuranti di anime sedute attorno a un tavolo e c'è un tempo in cui domina il freddo e il buio della foiba.
E in questo freddo e in questo buio non vi è altro conforto che il pensiero dell’esistenza del mare.
L’Onorevole Schifani, giunto alla cerimonia in ritardo causa maltempo, ha deposto una corona alla memoria e ha poi visitato il Centro di Documentazione annesso dove ha rilasciato alcune dichiarazioni ai giornalisti sottolineando come la propria presenza dimostri il rispetto e il ricordo delle istituzioni e si è augurato che il sacrificio delle vittime serva da segnale e testimonianza alle nuove generazioni, auspicando esse non cedano nuovamente alla tentazione della violenza e dell’odio.
La cerimonia, impreziosita nel suo svolgimento dall’esecuzione dell’Inno d’Italia e dalla presenza del picchetto d’onore del Reggimento “Piemonte” Cavalleria, si è conclusa sobriamente, con il lento defluire degli infreddoliti convenuti, tra baschi travolti dalla bora forte e piume staccate dai cappelli di bersagliere, dimostrando ancora una volta che la memoria non può essere cancellata quando vi è chi ha il coraggio di combattere per preservarla".