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La Storia

Motivi sentimentali, uniti al desiderio di degnamente onorare l'Arma, fecero sorgere, forse già nel 1951 allorché la città allestì con entusiasmo la "Mostra della Cavalleria Italiana", l'idea di realizzare in Voghera il Tempio Sacrario.
Il Tempio nacque quindi da una iniziativa della sezione culturale dell'Ente pro Oltrepò che d'intesa con la Presidenza Nazionale dell'Associazione Nazionale dell'Arma di Cavalleria, portò la proposta al vaglio del Consiglio Comunale, il quale, con delibera del 24 giugno 1952, destinava la "Chiesa Rossa" a Tempio Sacrario col titolo di S. Ilario, l'antico patrono, e di S. Giorgio celeste patrono dei cavalieri italiani.
Il 15 settembre 1952 i reparti in armi e tutte le sezioni dell'associazione venivano informati che con apposita delibera era stata decisa l'istituzione del Tempio; pertanto detta decisione rappresenta il vero e proprio atto di nascita dell'ente. Con le prime offerte si dava inizio nella primavera del 1953, sotto il controllo della Soprintendenza ai Monumenti della Lombardia, all'opera paziente di restauro.

La chiesa, la più antica di Voghera, viene fatta risalire, ma non vi sono elementi probanti, al IV secolo. Alcuni datano la fabbrica A.D. 732 attribuendone la fondazione al Re longobardo Liutprando; l'appiglio a questa tesi è offerto da un'anonima annotazione posta nell'inventario, datato 1877, dell'ufficio tecnico comunale.
Il perché e su quali basi storiche sia stata redatta non è dato sapere; quasi certamente ciò fu dettato dal convincimento ottocentesco che considerava monumenti longobardi edifici chiaramente di stile romanico pavese.

Il motivo per cui la chiesa fu dedicata a S. Ilario è ignoto; forse si è voluto onorare un Santo che tanta parte ebbe nella condanna al movimento eretico di Ario e che con le sue tesi permise nel VII sec. ai longobardi l'abbandono progressivo dell'eresia. Altre fonti identificano Ilario nel Vescovo di Pavia (358-376), quindi contemporaneo del primo, di cui storicamente non è provata l'esistenza, anch'esso santo e fustigatore della dottrina ariana.
Altra leggenda vuole la chiesetta sorta sul sito - Locus Sacer - su cui posavano i resti di un tempio pagano.
Non lontano dalla verità l'ipotesi che prima del mille sia esistita una chiesuola, che successivamente sia stata rimaneggiata o comunque trasformata nell'attuale edificio in stile romanico. La costruzione sorgeva entro proprietà terriere del monastero di S. Maria e Aureliano di Pavia, volgarmente detto del Senatore, che aveva succursale in Voghera con propri edifici anche alla Porta di S. Ilario.
I primi documenti risalenti al XII sec. testimoniano, unitamente a quelli dei sec. XIII - XIV, che la chiesa di S. Ilario fu indipendente dall'ingerenza temporale e spirituale della Curia di Tortona e della Pieve di S. Lorenzo di Voghera. La prima testimonianza di indubbia veridicità storica è un atto di transazione - 1139 - nel quale viene nominato il presbitero Giovanni, rettore della chiesa, a proposito di diritti su beni immobili.

Nel prosieguo del tempo i documenti si infittiscono e riguardano, per lo più, alcune controversie:
- 1152, arbitrato di Papa Eugenio III tra la Badessa, che viene richiamata all'ordine, e il Vescovo di Tortona;
- 1161, istanza della Badessa all'Imperatore Federico I per la riconferma al cenobio pavese di alcuni beni e privilegi connessi a S. Ilario;
- 1178, contesa fra la Badessa e il Vescovo di Tortona, quest'ultimo supportato dalla Pieve di S. Lorenzo, a proposito dell'indipendenza del rettore di S. Ilario, lite che si protrasse sino al 1195 e che vide l'interesse di tre Papi: Alessandro Ili, Lucio III e Celestino III;
- 1195, arbitrato di Papa Celestino III che innalza alla dignità di parrocchia indipendente la chiesa e concede alla Badessa Lucia il diritto di nominare il rettore;
- nel periodo 1205 -1208 di nuovo riesplose la lite tra gli stessi soggetti, con l'aggravante, in questo caso, della scomunica comminata dal Vescovo Opizzone ai parrocchiani di S. Ilario.

La composizione della nuova vertenza riconfermò il diritto all'autonomia della cappella sottoposta al dominio monastico.
I documenti e le testimonianze di questa lite mettono a confronto le due tesi contrapposte e forniscono elementi di certezza circa la ricostruzione, ad opera del monastero del Senatore e del Vescovo di Pavia, che avvenne tra gli anni 1133 e 1145.
Va detto che la presenza del monastero a Porta S. Ilario fu determinante allo sviluppo urbanistico della zona, che ebbe nei possedimenti delle suore tutte quelle strutture produttive (forni, mulini, torchio, ecc.) che ne fecero un centro di potere finanziario, determinando così anche diatribe con il comune di Voghera.

Nel 1230 l'arbitrato del Podestà di Pavia mise fine allo scontro S. Ilario - Comune; la situazione mutò allorquando le strutture passarono sotto giurisdizione comunale. Nell'anno 1283 viene ribadito che l'arciprete di Voghera - rettore di S. Lorenzo - ha l'autorità su tutte le chiese cittadine tranne che su S. Ilario, disposizione che verrà riconfermata nel 1462.

Dai documenti contabili sappiamo del ruolo avuto dai rettori in campo amministrativo, mentre non ci viene alcuna notizia sull'insieme della chiesa (decorazioni - struttura architettonica e sue condizioni - ristrutturazione, ecc.) e così pure l'esame delle nomine rettori ci conduce a identici risultati.
Solo in due casi abbiamo notizie, anche se indirette, sullo stato dell'edificio:
- 1243, la Badessa nominava rettore Giovanni Anguissola che subentrava al proprio zio e dall'elenco patrimoniale dei beni liturgici lasciati dal defunto rettore, si evince una situazione abbastanza florida, per cui è lecito dedurre che alla cappella furono certamente riserva¬te particolari cure;
- 1327, in tale anno il rettore (di nuova nomina) Ottone, nel sottoscrivere l'atto di investitura, si impegnava, secondo le sue possibilità, alla cura e manutenzione dell'edificio.
L'ultimo atto di nomina a noi pervenuto è del 1478.

Scarsissime le testimonianze riguardanti i sec. XV - XVI - XVII; per lo più trattasi dei rapporti intrattenuti dal cenobio con il comune di Voghera a proposito di diritti, doveri e affitti, (tracce nell'archivio civico - notarile).
Circa l'esercizio del culto o di una presunta sconsacrazione giova ricordare che tra il 1445 e il 1533, e cioè per quasi un secolo, si trovano annotazioni relative al pagamento di somme spettanti al sacerdote concelebrante la Messa in occasione dell'anniversario di S. Ilario. Altra notizia che conferma l'attività religiosa, datata 1543, riguarda l'invito rivolto dal sindaco Bonamici, su istanza della Badessa, al Consiglio Comunale a che questi doni all'oratorio, in sostituzione di quella a suo tempo asportata da rappresentanti del comune, una campana di piccole dimensioni necessaria per l'uffizio divino che si celebra nei giorni festivi. Situazione del tutto mutata nel 1561.
Dai documenti di una visita pastorale si legge: "La cappella è stata abbandonata", cosa questa che viene anche confermata negli scritti relativi alla diatriba con la curia di Tortona a proposito di decime; oltretutto la comunità monastica di S. Ilario rientrò definitivamente a Pavia nel 1563, per disciplina alle disposizioni del concilio di Trento.
Quanto sopra ci induce a credere che l'edificio fosse in decadenza e che probabilmente in quegli anni le mura presentassero lesioni e crepe. Durante la peste detta di S. Carlo - 1630 - nel cimitero annesso e nella stessa chiesa trovarono riposo i borghigiani deceduti a seguito del morbo. Dai registri di natalità, mortalità e matrimoni, conservati presso il Duomo cittadino, si deduce che sino al 1736 la "Chiesa Rossa" è stata testimone dei relativi riti.

Nel 1685 la chiesa viene menzionata, a proposito della visita del Vescovo di Ceva, come intitolata a S. Enrico, nulla sappiamo del cambio di denominazione; nella relazione si parla anche d' un recente e pregevole restauro.
Nello scritto che ricorda la visita del Vescovo di Resta, avvenuta nel 1742, si precisa che la cura della cappella è affidata alla signora Angelica Richini, affittuaria degli annessi terreni agricoli, e che vi si officia oltreché alla festa di S. Ilario anche in altre rare occasioni.
E' molto dettagliata la relazione sull'edificio redatta nel 1754 a seguito della visita del Vescovo Andujar. Lo stato della infrastruttura descritto è simile a quello testimoniato dalle foto scattate nel 1932 in occasione del sopralluogo commissionato dalla Sopraintendenza.

I dati sopra riportati ci inducono a ritenere infondata, come da alcuni riferito, la tesi che S. Ilario sia stato sconsacrato in epoca remota. Sconsacrazione ci fu, e definitiva, in epoca napoleonica a seguito della confisca dei beni religiosi e l'immobile, con i terreni annessi, divenne proprietà del Comune.
Dapprima S. Ilario servì da magazzino; in seguito, come riportato nell'inventario redatto nel 1877 dall'ufficio tecnico comunale: "da oltre un secolo non fu più officiata e serve da deposito delle polveri piriche del Distretto Militare". Su questo inventario venne apposta, in epoca posteriore e da altra mano anonima l'annotazione: "da una nota inedita parrebbe fabbricato nel 732".

Risale al 1878 la totale demolizione dell'abside.

Solamente nel 1916 ci si rese conto dello scempio fatto e della necessità di salvaguardare il monumento da ulteriore degrado; le vicende belliche, tuttavia, non consentirono di porre mano al progetto.
Al termine della la G.M. iniziarono i lavori per il recupero della struttura originaria: infatti a causa delle ricorrenti piene dello Staffora era stato giocoforza rialzare i pavimenti e, di conseguenza, i muri perimetrali; la copertura, inoltre, era stata trasformata a volte rinascimentali.

Il 27 gennaio 1933 la Soprintendenza, dopo un sopralluogo, dette il beneplacito ai lavori per il restauro analogico, lavori che si protrassero sino al 1938; la ricostruzione dell'abside avvenne nel '37 o '38. Lo scoppio della 2^ guerra mondiale determinò, ancora, l'interruzione dei lavori.
La ricordata delibera comunale del 24 giugno 1952 che accoglieva l'istanza di destinare la "Chiesa Rossa" a Tempio Sacrario, faceva riprendere i lavori di ripristino e quindi la riapertura al culto.

La chiesa al termine dei restauri si presentava così come oggi appare: "facciata quadrata di 8,10 x 8,10m; tetto a due spioventi con cornice a dente; sotto un ordine di archetti pensili che incastona una decorazione di piatti in ceramica colore verde antico. La luce entra da un'apertura a croce posta sopra la bifora che - in origine - era una trifora; al di sotto il portale ad arco semplice a tutto sesto. Sui fianchi due porticine anch'esse a tutto sesto e tre finestrelle per lato strombate all'interno; completano il ritmo delle luci tre identiche finestrelle nell'abside, il tutto sormontato da un campanile a vela, di epoca certamente posteriore alla costruzione ma, comunque, anteriore agli interventi seicenteschi".
 
Nelle antiche celle campanarie fu sistemato un concerto di tre campane dedicate: una alla Vergine e le altre rispettivamente a S. Giorgio e S. Ilario. Il battesimo delle campane ebbe luogo in forma semplice ed improvvisa il 4 settembre 1955, allorché la contessa Jolanda Calvi di Bergolo visitò inaspettatamente il Tempio; dopo la formula di rito e la benedizione impartita da un sacerdote, chiamato d’urgenza, la madrina, con un colpo di martello, fece vibrare i tre nuovi bronzi.
La struttura architettonica, anche se modesta, ma organica ed esemplare, richiama gli stessi schemi della Pieve di S. Zaccaria presso Godiasco e delle chiese di S. Michele, S. Lanfranco e S. Lazzaro di Pavia.
Da segnalare all'interno, sul sottarco dell'arcata trionfale, i tre frammenti di un affresco, probabilmente del XIII sec.; sul frammento più grande si nota il volto di un uomo barbuto con in testa la mitra vescovile, con tutta probabilità S. Ilario.

Alla Cappella bisognava però conferire il carattere per cui era stata destinata: "Tempio Sacrario della Cavalleria Italiana". Il problema venne risolto:
- incassando in alto, lungo le due pareti laterali interne, gli stemmi policromi in cotto, a rilievo, della Scuola di Cavalleria, dei Reggimenti montati a cavallo e degli squadroni Sardo e Coloniali più quelli, in numero di sette, dei Reggimenti di Cavalleria Blindata;
- collocando nei pressi dell'entrata le lapidi con i nomi dei cavalieri
decorati dell'Ordine Militare di Savoia e d'Italia e di quelli decorati di Medaglia d'Oro al valore;
- murando lungo il terrapieno gli stemmi in pietra offerti dalle province italiane e dalle città che ospitarono scuole e reparti dell'Arma e quelli dei Comuni che diedero il loro nome ai Reggimenti di Cavalleria.

Completano l'arredo interno, oltre all'altare, una bronzea via crucis, la pila dell'acqua santa, un seicentesco coro ligneo, un'antica statua della Madonna con Bambino, una scultura lignea raffigurante S. Giorgio e lampade votive.
Il 21 aprile 1956 il Tempio venne riconsacrato ed il 22, presenti i sette Stendardi dei Reggimenti ricostituiti nel dopoguerra, celebrante il cardinale Piazza, già cappellano militare dei "Cavalleggeri di Padova" (21°), venne inaugurato dal Capo dello Stato On. Giovanni Gronchi. La cerimonia che coprì l'arco di tempo dalle 08:00 alle 14:00 circa , si svolse sotto una pioggia torrenziale.
Il Tempio dalla sua costituzione, a somiglianza degli ordinamenti di alcuni antichi Ordini Cavallereschi, è retto da un Priorato, che ha, oltre ai compiti amministrativi, quello di tener vivo il ricordo dei caduti dell'Arma.

(Carlo De Virgilio)


Bibliografia:
- Federica Scarrione: "La Chiesa rossa di Voghera" 1994;
- Rivista Ultrapadum: anno 1951 n. 1-2-3-4 e anno 1956 n. 16;
- Falciola: la Chiesa dei SS. Ilario e Giorgio in Voghera



















 


 
 

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